Lo studio delle malattie associate alla vitiligine è un’attività di grande importanza nel percorso verso cure sempre più efficaci. L’analisi delle comorbidità rivela infatti informazioni preziose a proposito di determinate patologie, in particolare di quelle di natura autoimmune. Tra le malattie associate alla vitiligine è presente la tiroidite di Hashimoto, conosciuta anche come tiroidite cronica di Hashimoto, un disturbo che provoca un’infiammazione della tiroide.
Gli studi che dimostrano la comorbidità tra vitiligine e tiroidite di Hashimoto
Gli studi più accreditati suggeriscono che a livello mondiale la prevalenza di tiroidite di Hashimoto nei pazienti affetti da vitiligine è di circa il 5% (studio: The prevalence of thyroid disease in patients with vitiligo)
Questo dato sale fino al 20% se si va ad indagare la presenza della tiroidite in maniera più approfondita, prendendo cioè in considerazione la presenza di anticorpi anti-tiro-globuline e anti-tiro-perossidasi, come suggeriva l’articolo Anti-thyroid peroxidase antidbody and vitiligo: a controlled study.
Il dato sale ulteriormente (27,6%) se si prendono in esame i risultati contenuti nella tesi di specializzazione del Dr. Giovanni Menchini, elaborata per l’Università di Siena nel 2001.
Tuttavia, per avere dati più significativi è bene differenziare la popolazione presa in considerazione. Ad esempio, oggi sappiamo che la tiroidite di Hashimoto, come quasi tutti i fenomeni auto-immuni, colpisce prevalentemente le donne, solitamente dopo i 40 anni. Allo stesso modo, siamo arrivati a comprendere che le donne di oltre 45 anni affette da vitiligine hanno una probabilità del 50% di avere la tiroidite di Hashimoto.
Questo dato è importante perché spesso le disfunzioni tiroidee su base autoimmune (come la tiroidite di Hashimoto, appunto) non presentano sintomi chiaramente identificabili ma solo piccole alterazioni, che senza eseguire esami del sangue specifici potrebbero passare inosservate e creare di conseguenza problematiche fisiche importanti.
Per questo, nei referti delle analisi del sangue che vengono studiati in fase di prima visita si fa particolare attenzione ai valori che possono essere indice di malattie tiroidee: emocromo con formula leucocitaria, gli anticorpi anti-tireo-globulina e anti-tireo-perossidasi, il TSH, FT3 e FT4.
Cosa è la tiroidite di Hashimoto?
La tiroidite di Hashimoto deve il suo nome a Hakaru Hashimoto, un medico giapponese che nel primo decennio del Novecento individuò per primo questa malattia. Occupandosi delle autopsie come medico condotto, osservò la presenza di infiammazioni tiroidee, spesso di scarsa importanza, che identificò come tiroiditi su base auto-immune.
In molti casi le tiroiditi croniche sono associate ad altre patologie di natura autoimmune, legate a specifici organi o anche non organo-specifiche; oltre alla vitiligine si possono citare la gastrite cronica atrofica, l’anemia perniciosa, l’anemia emolitica autoimmune, l’ipoparatiroidismo, il diabete tipo 1, la celiachia.
Le caratteristiche della tiroidite di hashimoto
La tiroidite di Hashimoto è una malattia di natura autoimmune che ha come conseguenza un processo infiammatorio della ghiandola in questione. Nella maggior parte dei casi si tratta di una malattia che non ha sintomi facilmente riscontrabili, le conseguenze sono però progressive e irreversibili e possono essere ricondotte ad una ridotta funzione della tiroide, fino al punto in cui la produzione di ormone tiroideo diventa insufficiente e si può parlare a tutti gli effetti di quadro di ipotiroidismo.
La tiroidite di Hashimoto è la patologia tiroidea più diffusa e rappresenta la principale causa di ipotiroidismo in quelle aree del pianeta nelle quali l’apporto di iodio è sufficiente.
Lo iodio rappresenta infatti un elemento fondamentale per il naturale accrescimento e per il benessere dell’organismo umano. Si calcola che all’incirca l’80% dello iodio che il corpo umano assume venga “intercettato” dalla tiroide, questa ghiandola lo impiega per la produzione di tiroxina e di triiodotironina, due ormoni molto importanti nel processo di regolazione del metabolismo cellulare e delle funzioni vitali.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato in 150 mcg il fabbisogno di iodio giornaliero per un individuo adulto, un livello che aumenta a 200 mcg al giorno nella donna in stato di gravidanza e durante l’allattamento. I bambini che hanno meno di un anno hanno necessità di assumere almeno 50 mcg al giorno, mentre per quelli da 1 a 10 anni di età il valore deve attestarsi tra 90 e 120 mcg al giorno.
Tra le donne l’incidenza della tiroidite di Hashimoto è di 3,5 casi per 1000 abitanti, un dato che scende se si prende in considerazione la popolazione maschile (0,8 per 1000 abitanti).
Le manifestazioni cliniche della tiroidite di Hashimoto
Nei soggetti affetti da tiroidite di Hashimoto è frequente la comparsa del gozzo, il classico rigonfiamento localizzato nell’area del collo che in passato identificava direttamente le patologie tiroidee. Il gozzo si forma solitamente in maniera graduale e senza provocare dolore o altri disturbi al paziente. Nonostante il processo di distruzione auto-immune della tiroide dovrebbe condurre ad un’atrofia tiroidea (quindi ad una riduzione delle sue dimensioni), l’evoluzione del gozzo verso uno stato atrofico non è particolarmente diffuso.
A livello funzionale, la tiroidite di Hashimoto può evolvere in diverse situazioni:
- Una normale funzione tiroidea
- Un ipotiroidismo subclinico
- Un ipotiroidismo clinico
- Un ipertiroidismo/tireotossicosi transitoria
L’evoluzione della tiroidite di Hashimoto
L’analisi della letteratura scientifica suggerisce un’evoluzione caratterizzata da una lenta progressione verso una condizione di ipotiroidismo clinico, in percentuale maggiore negli uomini rispetto alle donne. Tuttavia, sono molteplici i fattori ulteriori che possono interferire nel decorso della malattia caratterizzandone di conseguenza l’evoluzione.
I pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto non presentano solitamente alcun sintomo. Unico segno della comparsa della malattia è la formazione di un rigonfiamento all’altezza del collo, chiamato gergalmente gozzo. Nei soggetti malati da tempo si assiste alla comparsa dei sintomi tipici dell’ipotiroidismo. In una percentuale ridotta di pazienti è possibile riscontrare la comparsa di ipertiroidismo (condizione definita anche di Hashitossicosi, o di tireotossicosi, causata dalla produzione di ormoni tiroidei da parte della tiroide ormai danneggiata. In rare occasioni i soggetti affetti da tiroidite di Hashimoto presentano un’oftalmopatia vicina a quella che si associa al morbo di Basedow.